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Floral design Architetti floreali di Marzia Nicolini ( da The Good Life Cities)

 

Floral design

Architetti floreali

Dopo le archistar, è l’ora dei floral designers: artisti-progettisti capaci di ridisegnare gli spazi usando piante e fiori, in una profusione di colori e profumi.

di Marzia Nicolini ( da The Good Life Cities)

 

Mentre quest’anno si celebrano i cinquant’anni dalla Summer of Love in California, c’è chi – e non sono hippie – tiene alta la bandiera del flower power usando fiori e piante per realizzare progetti all’incrocio fra arte, performance e design. La categoria dei floral designers è in pieno boom, dopo che nel 2006 la regista americana Sofia Coppola ingaggiò il belga Thierry Boutemy per le installazioni floreali del film Marie Antoinette. Attirando le attenzioni di giornalisti da ogni parte del mondo. Boutemy – una boutique dei fiori nel cuore di Bruxelles e una passione per lo stile naturale e spontaneo, fatto di felci e rami – ha il merito di aver fatto diventare il mestiere di floral designer improvvisamente di tendenza. Non pensate si tratti di una professione per tutti: intraprendere questa carriera oggi significa frequentare una scuola di formazione, studiare molto, dimostrare senso pratico, essere dotati di creatività e spirito organizzativo. Bisogna mettere in conto molta gavetta, tirocini e stage e, possibilmente, riuscire a elaborare un proprio stile, riuscendo a imporre una nuova tendenza. Tanto per capirsi: in Italia esiste già un albo dei floral designers, mentre negli Stati Uniti c’è una scuola che è ormai tra le più quotate del settore, l’American Institute of Floral Designers (Aifd).

”Less”  Radici antiche

La storia di questo mestiere è in realtà molto antica. Già nell’Egitto dei faraoni c’era chi si occupava di composizioni floreali (per lo più a scopi religiosi e votivi, come in fondo accade ancora nei matrimoni). Oggi chi si dedica al floral design tende a misurarsi sempre più spesso con eventi, progetti architettonici su piccola o grande scala, passerelle di moda e produzioni cinematografiche. Tanti i nomi emersi in questi anni. Al pari di un architetto o di un maestro dell’arredo – ogni floral designer di fama ha la propria visione, con esiti del tutto differenti. Negli Stati Uniti si sta affermando la giovane Kiana Underwood: con base a San Francisco, usa fiori, frutta e ortaggi, creando composizioni scenografiche che a molti ricordano le vivaci tele di Matisse. Corteggiata dai grandi magazine e seguitissima su Instagram, Kiana ha un gusto romantico e ultrafemminile, che propone nella sua boutique Tulipina. Acclamatissimo negli Stati Uniti è anche il suo collega Lewis Miller, le cui nature morte sono per sua stessa ammissione ispirate ai dipinti di Caravaggio. A lui il fotografo Don Freeman ha dedicato il prezioso libro Styling Nature. A Masterful Approach to Floral Arrangements (Rizzoli Usa) rendendo omaggio alla sua arte floreale. Nel frattempo Miller sta facendo parlare di sé per le sue azioni di guerrilla gardening in strade e piazze di New York: negli ultimi mesi l’artista del verde ha riempito i cassonetti dei rifiuti di maestosi mazzi fioriti. Con un fiore, anche una pattumiera acquista fascino! E lo scorso maggio Miller ha fatto “fiorire” una scultura di Botero al Crosby Street Hotel.

Nuove frontiere del giardinaggio

Quanto piante e fiori riescano a modificare la percezione di uno spazio è dimostrato da progetti come il giardino segreto di Pierre Bergé, cofondatore di Yves Saint Laurent. Nascosto tra i palazzi di Saint-Germain-des-Prés, a Parigi, è un magico salotto dove ci si muove tra arbusti, alberi da frutto e orchidee: un soffio di natura e una vera sorpresa nel cemento.

Il mondo dei floral designers si sta intanto aprendo anche a nuove esperienze. Nel Regno Unito il giardiniere John Tebbs, barba hipster e grembiulone d’ordinanza, ha lanciato il semestrale patinato Pleasure Garden, destinato a raccontare il mondo verde in chiave glam, coinvolgendo i migliori nomi del settore. E c’è chi si è spinto anche più in là, intrecciando rami e piante per scopi ancora più originali e ottenere un’esperienza impattante anche sul piano sociale. È il caso della green designer americana Lisa Waud, cultrice di arte contemporanea e performance: qualche mese fa ha lanciato il progetto The Flower House Project. Ha chiamato a raccolta creativi e volontari da tutti gli States, con l’impegno di riqualificare una vecchia villa abbandonata a Detroit ricorrendo al giardinaggio. Risultato: un nuovo e verdissimo volto per un’architettura altrimenti destinata all’oblio. Far sbocciare (belle) idee è più facile, se ci si affida ai fiori.

di Marzia Nicolini ( da The Good Life Cities)

http://www.thegoodlifeitalia.com